MUSICA
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Callisto - Noir

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Lunedě, 21 Maggio 2007

A cura di Paolo Cardillo





A
rtista: Callisto
Album: Noir
Etichetta: Fullstream Records/Masterpiece

I Callisto sono in cinque, arrivano dalla Finlandia e potrebbero, volendo, far parte della grande famiglia idealmente rappresentata dalla triade parentale formata da Neurosis, Mogwai e Swans e dalla sempre crescente progenie rappresentata dai fratelli maggiori Isis giù fino agli iperattivi fratellini Cult of Luna, Pelican, Mastodon, Red Sparowes, con amichevoli rapporti con i “cugini” Opeth.
Fin qui, note di colore e due righe di doverosi riferimenti e coordinate generali. Ma per parlare di Noir, il secondo full-length dei Callisto, è necessario premettere che si tratta di un’opera musicale straordinaria, scaturita da una creatività visionaria e da una profonda ispirazione, tradotta in musica da musicisti di altissimo profilo.
I brani che compongono il disco sono otto, volendo includere il breve parlato di Backwoods, ma il loro scorrere è un unico flusso di melodie e atmosfere intimamente connesse fra di loro che rendono quasi criminale non ascoltarle senza soluzione di continuità.
Mai come negli ultimi tempi, ascoltando band come questa, mi rendo conto di quanto sia riduttivo l’uso della parola scritta per rendere giustizia alla musica o anche solo dare un’idea delle emozioni che scaturiscono all’ascolto di lavori dell’intensità di Noir.
Ogni brano meriterebbe una recensione a parte, un approfondimento serio eppure anche così sarebbe complicato comunicare adeguatamente la bellezza che sgorga in un flusso continuo da questa musica.
Musica radicata nelle solide fondamenta del post-core più psichedelico e del post-rock più sanguigno dove tuttavia l’atmosfera generale è data dal conflitto fra luce ed oscurità, dove scatti nervosi si alternano ed amplissime aperture di profonda introspezione e dove il cantato (raro e mai fuori luogo) è rappresentato dal dialogo fra growl e parti pulite.
Le strutture musicali dei brani sono difficili da imbrigliare in una definizione perché in continua, sinuosa evoluzione attraverso linguaggi espressivi a volte estremamente diversi fra loro ma al contempo profondamente intrecciati gli uni agli altri.
Per portare due esempi su tutti, il brano iniziale Wormwood e quello finale Woven hands, lunghe ed articolate composizioni dall’incedere incalzante e spietato che contengono con assoluta naturalezza progressioni post-rock innervate da suoni durissimi di chitarra elettrica e sospinte da ritmi pulsanti e voci rabbiose che come per un incanto naturale si lasciano sostituire da stacchi quasi jazzati di sax (Wormwood) e clarino (Woven hands), arpeggi acustici e tocchi di tastiere eteree che conferiscono al paesaggio sonoro una consistenza quasi onirica.
Enormi nella loro suadente crudezza anche gli altri brani di Noir a partire dall’incanto doom-prog di Latterday Saints cui fa immediato seguito il brano gemello per atmosfere, struttura, alternanza di chiaro-scuri e crescendo The fugitive. Il già accennato Backwoods è un semplice interludio che spalanca le porte alla pelicaniana A close encounter il cui raffinato finale jazzy sfuma nella quasi orecchiabile intro Pathos, imperniata su uno spensierato giro di tastiera che dà un’illusoria idea di pop, ben presto dissipata dall’entrata secca di architetture post-rock di squisita fattura che portano il brano verso un’esplosione orchestrale potentissima resa drammatica dalle note arrochite del cantante/chitarrista Markus Myllykangas.
Prima della sontuosa conclusione c’è ancora tempo per le suggestioni ancestrali evocate dal procedere di Folkslave, sonvolgente ibrido di folk nordico, doom orchestrale ed epicità post-core.
L’atmosfera del disco, manco a dirlo con un titolo così, è profondamente oscura e densa ma a mio giudizio mai depressiva, quanto piuttosto malinconica.
Noir è un’opera musicale di valore assoluto e di oscuro fascino, figlia di un’ispirazione superiore, plasmata magistralmente, nota dopo nota, passaggio dopo passaggio, grazie ad un’esecuzione di altissimo profilo ed arrangiamenti curati in ogni minimo dettaglio.
Un vero peccato che i Callisto abbiano toccato l’italia per un solo concerto a febbraio.
Un po’ presto per parlare di disco dell’anno, me ne rendo conto.
Ad ogni modo, sono certo che chiunque ascolti questo disco, non farĂ  fatica a ricordarsene a fine anno.

 
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DISCOGRAFIA

Album
Ordeal of the century
(2002)
(Fullstream Records)
True nature unfolds
(2004)
(Fullstream Records)
Noir (2006)
(Fullstream Records)

Singoli/EP
Dying desire (2001)
(DIY - release)
Jemina/Klimenko
(12” Vynil)
(2004) (Kireru Records)


CALLISTO

La Band


Altre informazioni su: http://www.callistochaos.com/




Fonti internet
http://www.callistochaos.com/
 
 
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