MUSICA


Unsane - Visqueen
Il presente non è mai stato così nero

Lunedě, 21 Maggio 2007

A cura di Paolo Cardillo





A
rtista: Unsane
Album: Visqueen
Etichetta: Ipecac Records

Insieme ad una manciata di altri valorosi, gli Unsane sono stati tra i principali animatori e più coerenti alfieri di quello splendido spaccato di rock assolutamente alternativo e corrosivo nato agli inizi degli anni ’90 nelle zone più defilate ed oscure di New York e che agli annali del rock è passato col nome di noise (rock).
Di quella stagione restano, vive ed attualissime testimonianze, album stupefacenti come Strap it on degli Helmet, Venus Luxure No. 1 Babe dei Girls VS Boys, White noise dei Cop Shoot Cop, Shimmer dei Surgery e appunto il primo full-length degli Unsane, dal titolo omonimo e dall’agghiacciante copertina.
Di tempo ne è passato parecchio da allora, molti fantocci sono stati truccati da musicisti dalle major e scaraventati in pasto al pubblico per brevissime stagioni e poi giustamente cancellati dalla faccia della terra, le classifiche di tutto il mondo hanno visto alternarsi orrori e parodie di ogni tipo, molta ottima musica ha continuato fortunatamente a scorrere lungo percorsi lontani dal tracciato principale, ma la musica cruda, viscerale, quella che sgorga dall’interno e annoda lo stomaco ha continuato a macinare strade e palcoscenici scalcinati di centri sociali grandi come un box (ancora oggi, a parecchi anni di distanza posso sentire il caldo opprimente, gli odori acri ed il muro di suono eretto dagli Unsane al C.S. Conchetta di Milano) urlata e distorta da musicisti coerenti e motivati come appunto gli Unsane ed i Girls Against Boys, poco propensi ad accettare le lusinghe del grande mercato e più orientati a seguire esclusivamente le ragioni del loro istinto, che di fatto ragioni non ha.
Non c’è aria pulita in Visqueen né tanto meno si scorgono squarci di cielo limpido.
E’ un disco “chiuso”, opprimente, disperato e brutale come lo sono tutti i lavori degli Unsane, segno evidente che nella loro New York e nel loro personale panorama esistenziale poco è cambiato dalla fine degli anni ’80, quando la band ha cominciato a muovere i suoi primi passi.
Il suono che erutta dagli undici brani in scaletta è il solito malsano aggregato di scorie hardcore, blues psicotico, punk e metal anfetaminico forgiato dal basso devastante di Dave Curran, dalle ritmiche tribali ed ossessive di Vinnie Signorelli e dalla tagliente chitarra del leader Chris Spencer che di suo ci mette, oltre al songwriting, anche una voce che urla disperazione e rabbia.
Chiunque abbia familiarità con la discografia della band non potrà che ritrovare nei brani di Visqueen gli stessi germi, gli stessi tratti distintivi che ne hanno caratterizzato la produzione artistica nel corso di quasi vent’anni di carriera, sebbene sia evidente un più accurato lavoro in fase di produzione, forse figlio del passaggio alla Ipecac di Mike Patton.
Il claustrofobico magma sonoro del disco scorre senza pietà e senza un’ombra di flessione per quasi tre quarti d’ora su ritmiche serrate, riff sporchissimi, assoli spogli, acidi, giocati su due note distorte e tirate allo spasmo, linee vocali annichilenti.
Pochi gli elementi di “distrazione”, utili forse ad un lieve slittamento di prospettiva rispetto all’atmosfera generale dell’album: l’armonica a bocca che si percepisce in lontananza in This stops at the river, annegata in un ambiente sonoro solo idealmente “blues” dominato da un umore denso e scuro, il rallentamento fino ai confini del “doom” più angosciato di Line on the wall ed il grinder finale East Broadway, mostruosa creatura rumorista-strumentale di quasi nove minuti di durata che gela il sangue e chiude definitivamente l’orizzonte su un incedere “industriale”, una linea melodica (?) ossessiva su ritmiche reiterate. Sullo sfondo, rumori di macchinari infernali che macinano e fresano ogni cosa, quello che apparentemente sembra un proiettore a pellicola lasciato acceso e destinato a girare in eterno e alla fine di tutto, un brusio di fondo che suggerisce moltitudini allo sbando sul quale si stagliano voci di bambini in loop che si perdono infine su una sorta di “rumore bianco” che chiude la partita.
Non è musica rassicurante quella degli Unsane e non c’è catarsi finale.
Il loro universo musicale è fatto del disagio che vivono sulla loro pelle, della disperazione umana più assoluta, della rabbia nichilista che ne deriva.
Le loro canzoni sono squarci sanguinanti di cruda realtà riproposta per quello che è, senza i filtri spesso “abbellenti” che la musica normalmente aggiunge.
Chiunque ami il rock piĂą estremo e sanguigno e voglia esplorarne il lato piĂą oscuro e minaccioso ha il dovere morale di concedere almeno un ascolto a dischi come questo.
Ci troverà ciò che cerca.

 
Ascolta estratti del disco (qualitĂ  bassa)

Guarda qualche video


DISCOGRAFIA

Album
Unsane
(1991)
(Matador)
Total destruction
(1993)
(Matador/Atlantic)
Scattered, smothered & covered
(1995)
(Amphetamine Reptile)
Attack in Japan (Live)
(1996)
(Rebel)
Amrep Christmas (Live)
(1997)
(Man's Ruin)
Occupational hazard
(1998)
(Relapse)
Blood run
(2005)
(Relapse)
Visqueen
(2007)
(Ipecac)

Singoli/EP
Singles '89-'92 (1992)
(Matador)
The Peel Sessions (1994)
(Matador)
Sick
(1996)
(Man's Ruin)
Lambhouse: the collection '91-'98 (2003)
(Relapse)

UNSANE

La Band


Altre informazioni su: http://www.theunsane.com/




Fonti internet
http://www.theunsane.com/
Dal sito ufficiale della band è possibile scaricare gratuitamente due brani inclusi in album precedenti.
 
 
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